La cura di bellezza più efficace non è in vendita
Aspirare alla bellezza, ma sentirsi brutti. Prima o poi capita a chiunque. Ma davvero l’unica soluzione è accettarsi? Esiste un’altra via (spoiler alert: non è chirurgica!)
Alla Posta del Cuore di Eve La Plume (eve@burlesque.it) è arrivato questo messaggio:
Cara Eve,
Leggo la tua rubrica da un po’ e sono giunta alla conclusione che sarei stata brutta in qualsiasi epoca.
Cosa posso fare per accettarmi?
~ Barbara
Cara Barbara,
questi sono gli anni sbagliati per sentirsi brutti.
Fino a dieci anni fa ci facevamo una foto ogni tanto, spesso da lontano con i nostri amici o in momenti spensierati in cui eravamo più predisposti al mondo. Ora siamo costretti a valutare la nostra immagine ogni giorno, confrontarla, soppesarla, sempre più da vicino è sempre più in alta risoluzione. Riconosciamo tutti la bellezza nelle fotografie in bianco e nero in posa con luci strategiche e con risoluzioni gentili negli scatti fino agli anni ‘60.
Nella foto di tua nonna da ragazza non si vedono i pori dilatati o i brufoletti sotto pelle o le occhiaie, e, nel chiarore sfumato dell’incarnato son leggibili solo il fascino dello sguardo e dei tratti generali in un equilibrio sapiente di luci e ombre.
Oggi le foto hanno una risoluzione “disumana” che ricorda le riprese ingigantite dei documentari sugli insetti del National Geographic.
E non si salva più nessuno dalla pressione costante della lente di ingrandimento con cui il nostro aspetto viene giudicato.
Questa pressione farebbe vacillare pure Miss Mondo, figuriamoci chi si sente già brutto in partenza.
La valutazione della bellezza (o della bruttezza) in uno scatto fotografico è però molto diversa dalla percezione di bellezza che si ha verso le persone che incontriamo nella vita.
Ma cosa definisce la bellezza o la bruttezza?
Ricordo il mio primo giorno di liceo, quando entrando in classe mi fece sussultare l’immagine di una ragazza davvero brutta, brutta in modo speciale. Ero sinceramente dispiaciuta per lei e cercavo disperatamente di “sistemarla” mentalmente cambiandole trucco pettinatura e abiti. Niente da fare, la bruttezza era prepotente e rimaneva lì in tutto il suo orgoglio.
Bastarono pochi giorni di conoscenza perché il mio dispiacere si trasformasse in ammirazione e qualche settimana per essere totalmente sedotta da quello strano volto. Quando parlava rimanevamo tutti incollati alle parole insolite e ai concetti rivoluzionari che raccontavano con assoluto candore e senza ironia i privilegi dell’essere brutti.
Il pensiero che più mi affascinò, fu quello in cui affermava che l’aspetto convenzionalmente poco gradevole mette al riparo dalle persone superficiali e ti consente velocemente di arrivare alle persone più sensibili e ricche di profondità, una sorta di selezione naturale e di protezione dalle brutte sorprese.
Ma per tutti a quel punto era già diventata bella e quelle descrizioni di bruttezza sembravano non appartenerle più.
La lettura della bruttezza, come della bellezza è strettamente legata alla personalità di chi la possiede e per questo è sempre difficile limitarla a proporzioni o simmetrie.
Qualche anno fa ho lavorato con la più esemplare portatrice dì asimmetria, un viso così singolare e inusuale da essere spesso associato ai quadri di Picasso del periodo cubista: Rossy De Palma.
Rossy potrebbe essere considerata brutta dai più per le sue fattezze ma non è così.
Le persone ne rimangono incantate, le sorridono a cuore aperto la sommergono dei complimenti più sinceri, la vedono bella e non si chiedono il perché.
Passare le giornate con lei ti costringe ad interrogarti sul mistero della bellezza che prende strade impervie a volte e si palesa in modo articolato e misterioso.
Spesso si pensa di dover “compensare” la bruttezza con altre doti che distolgano l’attenzione dall’aspetto esteriore per valorizzare altri aspetti: simpatia, talento, genialità varie, o bontà.
Parlando di bruttezza si fa spesso riferimento agli uomini brutti (alle donne raramente in quanto tagliate fuori dalla storia fino a metà del ‘900) che hanno cambiato il mondo con le loro invenzioni o le loro opere artistiche.
Questo ragionamento però sposta il discorso ribadendo il fatto che se sei brutto devi compensare, quindi ti conviene essere genio.
Il punto di vista più interessante per me è quello delle persone con caratteristiche associate alla bruttezza che vengono accolte senza riserve nel regno della bellezza.
Sono giunta a una conclusione: a determinare la nostra sensazione di bellezza rispetto alle persone che incontriamo non sono solo le proporzioni fisiche o del volto, in gran parte sono anche l’atteggiamento, la personalità e la percezione positiva che la persona ha di sé stessa e il modo in cui la comunica agli altri.
Chi si sente bello è percepito come bello.
Chi si sente bello è aperto al mondo, si pone fiducioso e a testa alta, cambia postura “raddrizzandosi”, sorride e guarda con occhi luminosi alle cose.
In qualche modo sembrerebbe che sentirsi belli sia la più efficace cura di bellezza che si conosca.
La tua domanda sull’accettazione Barbara è un punto di partenza che trovo sbagliato: non ti devi accettare in quanto brutta, puoi sentirti bella e diventarlo.
Se ti senti bella, lo specchio delle tue brame ti risponderà: “sei tu la più bella del reame!”
~ Eve La Plume