Anna Volpi: l’obiettivo femminile del burlesque
Intervista ad Anna Volpi, eclettica fotografa specializzata nel burlesque, ma anche tra le organizzatrici della Biennale della Fotografia Femminile a Mantova.
Catturare un’espressione, cogliere un dettaglio, immortalare lo stupore di una vittoria o un momento di gioco tra colleghi. Tutto questo è il magnifico, e anche un po’ complicato, lavoro del fotografo.
Quando nel mondo del Burlesque parliamo di fotografia il primo nome che salta in mente è quello di Anna Volpi. È proprio lei la protagonista della nuova tappa del nostro viaggio alla scoperta delle professioni del Burlesque.
Con il suo sguardo curioso racconta il Burlesque italiano trasmettendo attraverso i suoi scatti la passione per quest’arte, sempre rivolgendo un occhio particolare all’universo femminile.
Anna scelta dalla fotografia (e che ha scelto il burlesque)
Anna, tu hai scelto la fotografia o lei ha scelto te?
Trovai la Olympus Om2 di mio padre in soffitta all’età di 18 anni. Non ho più smesso di fotografare. Ho provato ad avere altri lavori, non ha funzionato. C’è stato un periodo di due anni, molto brutto, in cui non ho fotografato. Appena ho ripreso in mano la macchina mi sono sentita di nuovo bene. Sono inciampata nella fotografia per caso, ma poi mi ha legata forse per sempre.
Direi che lei ha scelto me. Poi io ho scelto come usarla.
Quando è nato il tuo sodalizio artistico con il Burlesque?
Credo nel 2012. Mi affascinava, volevo fotografarlo. Ho contattato tante artiste e mi sono spostata per incontrare, su Verona, Bologna, Roma. Da lì ho cominciato a lavorare con Burlesque Cabaret Verona e poi con il Silk Ribbon Cabaret Team.
Fotografare il Burlesque, tra palco e studio
Come descriveresti l’arte del Burlesque vista da dietro l’obiettivo?
A volte vorrei solo mettere giù la macchina e godermi lo spettacolo! Però mi da tanta gioia vedere le artiste felici con le loro foto e mi piace fare parte della forza creativa.
C’è stato un evento in particolare a cui hai lavorato che ti ha fatto pensare: “Questo è il Burlesque che volevo rappresentare”?
In realtà nessuna in particolare.
Oltre alla fotografia sul palcoscenico e nel backstage, realizzi anche molti shooting in studio. Quale rapporto deve crearsi tra la performer e la fotografa?
Una fotografa deve creare una relazione con la persona che sta fotografando. Ci deve essere una condivisione. Ci devono essere momenti veri.
Fuori dall’Italia
Nel 2016 sei stata la prima italiana ad entrare nella “Top 50 – No performer Chart” del 21st Century Burlesque Magazine. Ti piacerebbe raccontare il Burlesque al di fuori del nostro paese?
Certo! Viaggiare mi è sempre piaciuto. Mi piacerebbe capire come viene visto il burlesque negli altri paesi.
C’è una burlesque performer straniera che vorresti ritrarre?
Non ho preferenze.
Arte al femminile
Da sempre sei vicina al mondo artistico declinato al femminile. Ad oggi come vengono accolte le artiste in questo ambiente?
C’è ancora disparità. La metà o più delle persone che studiano arte sono donne, eppure nelle gallerie, nelle fiere, nei padiglioni ci sono più uomini. Anche il mondo dell’arte ha grandi passi da fare.
Sei tra le organizzatrici della prima Biennale della Fotografia Femminile a Mantova. Vuoi raccontarci qualcosa in più di questo progetto?
Sono presidente dell’associazione La Papessa, che dà vita alla BFF. A raccontarlo in questo momento mi si stringe un po’ il cuore. Abbiamo dovuto rimandare ad aprile 2020 l’evento a causa delle ordinanze regionali emanate per contenere il Covid-19. Dopo quasi due anni di lavoro, eravamo così vicine!
Però siamo resilienti e abbiamo recuperato il programma. Il progetto nasce per le ragioni di cui parlavamo prima. La BFF punta a creare opportunità, una piattaforma, una rete per fotografe, ancora stereotipate e sottovalutate. Nel mondo ci sono ancora discriminazioni e ci sono tanti modi per combatterle. Noi lo facciamo con quello che conosciamo, la fotografia.
Il programma è online su www.bffmantova.com.
Cosa c’è nel futuro di Anna Volpi?
Questa domanda è come “raccontaci della tua arte”. Mi viene sempre in mente Homer Simpson che indietreggia e sparisce nel cespuglio. La butto lì, gestisco la BFF, allargo le attività di Studio Meraki, poi tra 10 anni vado ad appoggiare il culo nella sabbia.
Ma solo nell’anno off della Biennale. Però in verità chi lo sa. Sicuramente allungherò la mia lista di progetti fotografici e non la finirò mai. Magari finirò di scrivere il mio romanzo.