Moda vintage, burlesque e… la figura della geisha

Moda vintage, burlesque e… la figura della geisha

tatuaggio geishaSicuramente leggendo il titolo di questo post si fa un po’ fatica a mettere in relazione questi tre elementi, apparentemente contraddittori e “fuori tema” l’uno con l’altro. In realtà non è affatto così, secondo noi, e adesso cerchiamo di spiegarvi, in realtà, quali sono le enormi analogie che ci fanno accostare questi tre termini e, non solo, ci fanno comprendere come in realtà i primi due elementi si raccolgano e si sommino perfettamente nella figura della geisha, che è poi il fulcro di tutto il mondo “vintage” in senso lato, per il suo essere una figura antichissima e senza tempo e per quello “burlesque” per alcuni insegnamenti, se così si può dire che la sua arte ha lasciato in eredità ad altre forme di arte da palcoscenico.

E cominciamo infatti ad “analizzare” proprio la figura femminile della geisha, con le sue caratteristiche peculiari. Il nome, intanto: troppe volte, nel corso dei secoli, in occidente si è accostata la figura della geisha alla cortigiana di alto bordo, quasi come se si trattasse di una prostituta. Il nome stesso geisha, invece, significa “artista”: “gei” vuol dire infatti “arte”, “sha” sta per “persona che fa”. Le geishe erano esperte danzatrici, musiciste, fini conversatrici e si esibivano per l’alta società giapponese. Erano ammirate e rispettate e avere accesso alla loro compagnia era talmente difficile, che faceva guadagnare loro una esclusività che le rendeva, soprattutto agli occhi degli uomini, ancora più desiderabili.

Le geishe erano famose per la loro bellezza ed eleganza, oltre che per il loro innegabile talento per le arti, erano raffinate, femminili, sempre con un atteggiamento rilassato e altero per certi aspetti, ma soprattutto erano indipendenti, ed era questa un’altra caratteristica che le rendeva affascinanti agli occhi degli uomini.

Naturalmente avevano dei rituali di bellezza per apparire sempre al meglio: capelli acconciati sempre in modo molto elaborato, il viso perfettamente truccato di bianco in modo da far spiccare i due elementi fondamentali del volto, anch’essi sapientemente truccati: gli occhi bistrati di nero e le labbra truccate di rosso, tanto da farle assomigliare ad un bocciolo di rosa.

Le geishe avevano poi sia durante le esibizioni, che nella vita quotidiana una serie di accessori che le completavano e che erano rigorosamente realizzati a mano in carta, seta o bambù: stiamo parlando ovviamente di ombrellini, borsette e degli immancabili ventagli, con i quali eseguivano anche le loro performance artistiche.

Un boa di piume di struzzo dalla forma particolare risalente agli anni '30
Un boa di piume di struzzo dalla forma particolare risalente agli anni ’30

Ciò che abbiamo descritto fino ad ora sulla più antica, leggendaria e misteriosa figura di donna, non vi ricorda per qualche aspetto le nostre attuali performer dell’arte del burlesque? Non sono in fondo anche loro delle figure a volte fraintese, ma che in realtà sono delle artiste, delle danzatrici, a volte esse stesse coreografe dei loro acts, che si esibiscono su un palco, intrattenendo gli spettatori con le loro doti artistiche e seducendo gli stessi spettatori con la loro bellezza, con l’eleganza dei movimenti della loro danza la danza, che prevede, anche in questo caso, l’uso dei medesimi accessori che usavano le geishe secoli fa (vogliamo parlare dei ventagli?) e che impone loro di mettere in atto alcuni rituali di bellezza che prevedono non solo la cura del corpo che viene mostrato (questa è la differenza rispetto alla geisha che, naturalmente aveva l’imposizione, almeno in pubblico, di mantenere un aspetto compito (per approfondimenti leggi l’articolo sul sito di À rebours vintage), ma anche del viso, che le performer devono saper truccare in modo da renderlo più bello e seducente (anche in questo caso, un ruolo fondamentale, a partire proprio dagli anni ’50 e ’60 con le pin up, l’hanno sempre avuto lo sguardo, evidenziato dall’immancabile eyeliner e dalle ciglia finte per rendere più belli gli occhi e radioso lo sguardo, ed infine, le labbra, truccate anche in questo caso, sapientemente di color rosso fuoco).

Per non parlare del fatto che anche le perfomer, come le geishe sono donne indipendenti, autonome, che girano il mondo e sono delle sorte di “imprenditrici di se stesse”, oltre al fatto che, una volta salite sul palco, diventano quasi delle divinità: intoccabili, inavvicinabili e irraggiungibili dai “comuni mortali” che le guardano dalla platea, sono ancora più desiderabili agli occhi degli spettatori.

Ma veniamo alla moda, al vintage in particolare: potremmo già quasi esaurire l’argomento, ricordando semplicemente il fatto che le geishe, appunto, sono delle figure misteriose e con delle origini antichissime, che esiste un concetto di vintage anche per i costumi burlesque (bellissimi, affascinanti e ricchi anch’essi di storia, come gli abiti ordinari indossati tutti i giorni e considerati ora “vintage”).

Ma per parlare di “moda” vera e propria in riferimento alle geishe, non si può non parlare del kimono, l’avere più prezioso per la geisha, simbolo del suo mestiere e considerato da lei come la sua “Anima”. Le geishe, infatti, indossavano i kimono più belli di tutto il Giappone, che erano delle vere e proprie opere d’arte, dei pezzi unici che venivano scelti personalmente da loro e che, quindi, ne rivelavano lo stile unico e la personalità.

Il kimono era una vera e propria opera d’arte, alla stregua di alcuni abiti dei tempi più moderni e diventati ora dei capi vintage: era costituito da un unico pezzo di stoffa che veniva sapientemente, con l’aiuto inevitabile di un assistente, avvolto attorno al corpo della geisha, ripiegato su se stesso e fermato dall’obi, il nastro che veniva fissato attorno alla vita e che rappresentava senza dubbio la parte più complessa della vestizione.

La geisha era molto attenta a ciò che indossava, perché tutto doveva mettere in risalto la sua bellezza, la sua femminilità e la sua unicità, ma sempre con estrema eleganza e discrezione.
E questa concezione dell’abito, già dai tempi vintage che più vintage non si può, perché parlando delle geishe, parliamo di molti secoli fa, non è, alla fine dei conti, la stessa che ritroviamo oggi nel concetto di “capo vintage”? (vedi l’intervista sul sito di À rebours vintage)

À rebours vintage

À rebours vintage, il concept store di Milano con abiti e accessori vintage, costumi burlesque, vintage beauty studio. Da À Rebours Vintage trovate bellissimi abiti da sera, dalla fine degli anni '40 in poi, ricercati in Europa e USA, con cappellini, stole, guanti, occhialini, borsette, autentica bigiotteria americana dell’epoca e una piccola selezione di scarpe vintage.Inoltre costumi sartoriali per il burlesque, il cabaret e il teatro, con guanti di seta, boa di piume, ventagli, calze e reggicalze retrò, fascinator per le acconciature e tassels gioiello. À Rebours Vintage è anche Vintage Beauty Studio con esperte make up artist e hair stylist. Infine: biancheria intima in stile retrò (tra cui i prodotti di "What Katie Did"), profumi esotici, cosmetici e prodotti per il corpo dal packaging rigorosamente vintage. Sito web: http://www.areboursvintage.it