Derive, approdi e… alghe

Nel mondo della nautica, si parla di deriva con due significati. Può essere una piccola barca a vela usata dai principianti. Ma è anche il moto che porta l’imbarcazione lontano dalla propria rotta.

Qualche tempo fa, la comunità burlesque italiana (già, perché esiste una comunità burlesque italiana!) aspettava con un misto di curiosità e timore il momento in cui ci sarebbero stati due film, un programma televisivo, cento corsi, altrettanti eventi, tutti dedicati a questa forma di spettacolo, sommati e poi moltiplicati come in un gioco di specchi dai media.

Bettie Page al mare con alghe (ph. Bunny Yeager)
Buona parte di queste cose sono state derive dalla rotta del neo-burlesque: parecchi programmi televisivi ne hanno fatto un uso poco edificante, uno dei due film si è rivelato più vicino all’estetica delle Pussycat Dolls che altro, senza che contare molti utenti ci hanno segnalato corsi, spettacoli e locali decisamente lontani dal tipo di intrattenimento di cui ci piace discutere su queste pagine. Alghe, potremmo dire, che impediscono la navigazione in questo luccicante mare. E chi era convinto che la richiesta di burlesque sarebbe aumentata, s’è trovato con l’offerta di una concorrenza a basso prezzo e bassissima qualità.

Tutto questo, purtroppo, ha comunicato un’idea distorta di ciò che è il neo-burlesque verso chi non ne sapeva nulla. Facciamo un esempio: molte delle parole riservate dai critici televisivi a Lady Burlesque sono state freddine. Diversi di loro vedono nel real show di Sky Uno un’occasione persa. Almeno dal punto di vista della comunicazione tv. Fulvio Abbate, curatore del progetto TeleDurruti nonché sapida firma di diverse testate, ha scritto del programma sulle pagine de Il Fatto Quotidiano di martedì 15 febbraio. Ma, soprattutto, ha scritto in modo irriverente (sia ringraziato il cielo) della tanto strombazzata mania di questi ultimi mesi:

Il burlesque, così come te lo presentano adesso, fra “voglia di sensualità” e una sorta di “riprendiamo la vita” remixato tra una lettura di “Vanity Fair”, corrisponde a una piastratura dei capelli, a un pensiero rivolto a Veronica Lario a spasso, metti, con Massimo Cacciari.

Probabilmente Abbate ha intuito qualcosa che a noi era sfuggito. Eppure, neanche un illuminato come lui si chiede se dietro questa frenesia – che posta così ricorda quella per il ballo latinoamericano di qualche anno fa – ci sia altro. Che so, intrattenimento popolare? Spettacolo in chiave postmoderna? Non se lo chiede. Colpa delle troppe alghe.

Sta di fatto che, dopo la tempesta di piume di struzzo, le acque, forse, si stanno calmando. Niente di grave, niente di irreparabile: puliamo il nostro scafo da queste alghe (anche se qualcuna ci rimarrà addosso per un bel po’), issiamo le vele e riprendiamo a navigare. E a divertirci.

A. R.